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Bypass aorto-coronarico

Il bypass aortocoronarico e’ l’intervento chirurgico più eseguito in cardiochirurgia, in quanto legato alla grande diffusione delle coronaropatie, tra cui la cardiopatia ischemica. Oggi l'incidenza annuale di infarto miocardico è molto alta, e soltanto in Italia si calcolano circa 79.000 nuovi eventi coronarici l’anno. L’età media dei pazienti in cui si verifica un primo infarto è di 64 per gli uomini e di 70 per le donne.
Come suggerisce il termine inglese "bypass", si tratta di un intervento in cui si “supera”, mediante l’utilizzazione di un condotto venoso e/o arterioso, una stenosi, ovvero un ostruzione coronarica, con conseguente riperfusione del vaso a valle.
 
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La chirurgia coronarica si prefigge di raggiungere una serie di obiettivi a medio-lungo termine, rappresentati principalmente dal miglioramento della qualità di vita (eliminazione o riduzione della sintomatologia anginosa,aumento della tolleranza allo sforzo), e dalla riduzione dell’incidenza di eventi ischemici (infarto miocardico ed insufficienza cardiaca).
L’intervento di bypass che tecnicammente afferisce alla rivascolarizzazione miocardica consiste nell’eseguire uno o più innesti a ponte tra l’aorta ascendente e le arterie coronarie o tra un’arteria sistemica ed il ramo coronarico, superando cosi’ l’ostruzione coronarica. Ai fini della valutazione dell’entita’ della patologia coronarica, si parla di stenosi significativa quando si ha una stenosi coronarica superiore o uguale al 70%, se i vasi coronarici sono la discendente anteriore, la circonflessa, e la coronaria destra, se si tratta del tronco comune allora la stenosi deve essere superiore al 50%.
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Stenosi ramo discendente anteriore e stenosi ramo circonflesso
La scelta dei condotti da utilizzare per il bypass assume un’importanza fondamentale, poichè i risultati a distanza dipendono in larga misura dal tipo di condotto utilizzato. In passato venivano utilizzati principalmente condotti venosi e più precisamente la vena grande safena (VGS).
Oggi la tecnica si è evoluta verso una rivascolarizzazione mista, che prevede l’impianto di almeno un condotto arterioso, come ad esempio l’arteria mammaria interna, preferibilmente sul ramo discendente anteriore, e di condotti venosi sugli altri rami coronarici.
L’arteria mammaria interna è il condotto ideale, con il quale devono confrontarsi tutti gli altri, grazie alla eccezionale pervietà a distanza ed alla quasi totale assenza di aterosclerosi nell’uomo.
I condotti arteriosi principalmente utilizzati per l'intervento di bypass sono: l’arteria mammaria interna (AMI), l’arteria radiale (AR), l’arteria gastroepiploica destra (AGE), l’arteria epigastrica inferiore (AEI).
Nei pazienti più giovani e’ preferibile l’utilizzo dei condotti arteriosi, soprattutto per la maggiore pervietà a distanza. Nei pazienti obesi e diabetici invece, il prelievo di entrambe le arterie mammarie potrebbe ridurre drasticamente la vascolarizzazione sternale e quindi compromettere l’osteosintesi sternale nel periodo postoperatorio.
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Quanti tipi di intevento di bypass esistono?

Il bypass aortocoronarico viene sempre eseguito dopo aver individuato con precisione una o più stenosi coronariche, tramite coronarografia. Rispetto alle procedure impiegate in passato, oggi sono stati compiuti notevoli progressi nella esecuzione della tecnica operatoria. Per tale ragione, questo trattamento può essere applicato anche a pazienti di età avanzata.
 
Il bypass può essere praticato: in maniera programmata, in caso di angina pectoris o dopo un infarto del miocardio; in situazione di emergenza, in caso di minaccia di infarto del miocardio o talvolta addirittura di infarto conclamato, quando le altre terapie si sono rivelate inutili.

Esistono due tipi principali di intervento: l’intervento a cuore fermo, mediante l’utilizzo del bypass cardiopolmonare, e l’intervento a cuore battente, detto in OFF-PUMP.

Il bypass-cardiopolmonare (CPB) è una metodica che, durante un intervento cardiochirurgico, viene utilizzata per sostituire in maniera totale o parziale la funzione del cuore e dei polmoni.
Ha lo scopo di mantenere attiva la funzionalità degli organi, attraverso una adeguata perfusione ed ossigenazione. Il sangue venoso delle vene cave o dell’atrio destro viene dirottato alla macchina cuore polmone, questo, dopo essere stato ossigenato viene pompato direttamente in aorta ascendente. Strumento indispensabile quindi per utilizzo di questa metodica è appunto la macchina cuore-polmone. Essa sostituendo la funzione cardiaca e polmonare, permette di operare in condizioni di arresto cardiaco.

Il bypass può essere oggi realizzato anche senza circolazione extra-corporea, cioè “a cuore battente”. E’ un tipo di intervento che si fa Ii alcuni casi selezionati per quei pazienti che non hanno una coronaropatia diffusa e nei quali la circolazione extracorporea potrebbe causare problematiche neuro-ormonali. Attraverso un piccolissimo accesso nel torace si preleva una arteria mammaria e si procede con il ricongiungimento dei vasi dopo la resezione sulla arteria principale. Il tutto senza fermare il cuore.
 
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Macchina cuore-polmone
Prima di sottoporre un paziente ad un intervento di by pass a cuore battente, bisogna che il chirurgo valuti la sua condizione di base e quindi se è possibile candidarlo alla procedura suddetta.

Vengono considerate possibili indicazioni all’off-pump:
  • età avanzata in rapporto alle patologie associate
  • la presenza di insufficienza renale, malattie aterosclerotiche polidistrettuali (AOCP, aterosclerosi dei grossi vasi, stenosi critiche delle Carotidi comuni)
  • presenza di insufficienza respiratoria (neoplasia polmonare, BPCO di grave entità)
  • precedenti accidenti cerebrovascolari (ACV) come ictus, TIA, RIND
  •  precedenti interventi cardiochirurgici.
Di contro vengono considerate, se così si può dire, controindicazioni alla procedura di off-pump:
  • l’instabilità emodinamica o la presenza di vasi coronarici calcifici, intramiocardici e di calibro inferiore a 1-1,5 mm.
Gli interventi a cuore battente possono essere eseguiti per con sternotomia mediana o per minitoracotomia (soprattutto minitoracotomia anteriore sinistra) e richiedono l’impiego di stabilizzatori a suzione o a pressione per “ immobilizzare “ il vaso da trattare, una bradicardia farmacologicamente indotta ed un’attenta gestione anestesiologica dell’emodinamica del paziente.
Se infatti da un lato la chirurgia a cuore battente permette di non creare l’arresto cardioplegico e la reazione infiammatoria sistemica della CEC, dall’altro, fino a poco tempo fa, aveva l’inconveniente di avere un maggior numero di mortalità ed una peggiore qualità dell’anastomosi, legata alla non immobilizzazione del muscolo cardiaco, durante il confezionamento del by-pass.
Recentemente invece, grazie all’impiego di dispositivi di suzione apicale, ormai di semplice applicazione, costituiti da un braccio articolato fissato al divaricatore sternale, alla cui estremità è montata una campana, ha permesso di eseguire delle anastomosi di buona qualità e con maggiore sicurezza.
Si comprende bene quindi come questo approccio chirurgico possa realizzare una condizione di minor invasivita’ rispetto all’intervento convenzionale, alla luce delle evidenze che il bypass cardiopolmonare rappresenti un fattore importante nella genesi di complicanze postoperatorie.
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Rappresentazione grafica di posizionamento di dispositivo di suzione nell’OFF-PUMP.

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Foto intra-operatoria di intervento di OFF-PUMP.
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